Il 16 agosto 1944, circa quindici giorni dopo la liberazione dei prigionieri tedeschi a Grana, verso le sette del mattino, il nostro Cappellano fu svegliato di soprassalto da un lungo crepitio di armi da fuoco. Sceso velocemente dal letto per andare a vedere cosa stesse succedendo, aprì la porta e si trovò di fronte un vecchietto trafelato che gli comunicò che i Tedeschi cercavano il prete giovane.
Si recò allora sulla via principale del paese e si trovò di fronte il solito Maggiore Mayer che chiede spiegazioni in merito alla mancata restituzione delle armi dei prigionieri liberati. Alla già nota spiegazione data precedentemente e cioè che il comandante dei partigiani era fuggito con le armi e non si sapeva dove fosse, volle essere accompagnato alla sua casa con l’intenzione di appiccarle il fuoco, ma poiché era adiacente ad altre desistette dall’insana decisione.
Volle però entrare ad ispezionarla e sotto il portico trovò due carri carichi di grosse botti piene di vino, pronto per essere consegnato a Milano. E li scattò la sentenza inesorabile: quel vino doveva essere trasportato ad Asti e consegnato al Comando Piazza, dove lui era di stanza. Per fortuna con quel sequestro le ostilità ebbero fine.
Seppe poi in seguito che gli spari del mattino erano stati indirizzati ad un pover’uomo di Grana che, visto i tedeschi in perlustrazione, preso dal panico s’era dato alla fuga tra i filari di una vigna, ma fu trovato morto per un probabile infarto dovuto alla corsa e all’affanno. Si poneva però, a quel punto, il problema di trasportare quelle botti di vino ad Asti e dopo estenuanti trattative in Comune con il papà del capo partigiano si decise di pagare regolarmente la merce e procedere alla consegna.
Alcuni carrettieri si resero disponibili al trasporto e di prima mattina si mossero verso Asti, dove il Cappellano li raggiunse in bicicletta. Dal Comando Piazza ricevettero infine l’ordine di portare il vino in una cantina nel centro della città e lì procedettero al travaso, ma il cantiniere addetto pensò bene di mettere da parte qualche damigiana per suo proprio uso. I carrettieri granesi erano però gente esperta del mestiere e notarono subito il tentativo poco onesto del cantiniere e la sua mossa fu prontamente bloccata ed evitò possibili e ulteriori noie con il Maggiore.