Da Parde a ‘Uagnjè am’bsogna Negusciè


Ovvero: Da Perdere a Guadagnare bisogna Negoziare


C'è un detto scherzoso a Grana che trova la sua ambientazione addirittura nel Nuovo Continente, in occasione della scoperta dell’America: "Quando Colombo vi giunse, là vi era già un Granese che vendeva olio"

Il simpatico motto è volto ad attribuire agli abitanti di  Grana la fama di valenti e capaci imprenditori di commercio e, infatti, la popolazione granese, non avendo altre forme di sostentamento oltre all’agricoltura, ha cercato nel tempo nuove forme di sussistenza, soprattutto nel commercio al di fuori del proprio territorio. 

E in effetti furono molti gli ambulanti che, muniti dei poveri mezzi di trasporto dell’epoca (carri trainati da cavalli), puntualmente si recavano nei paesi vicini ad offrire ai possibili acquirenti, richiamati dal suono della piccola tromba di ottone del venditore, prodotti avicoli o agricoli.

Questi i nomi di alcuni dei venditori: Pane Camillo (Camilo dal Ghidala); Secondo Testa (al Gund dal Prato); Maranzana Mario (al Mario ad Miclin); Capello Secondo (al Gundin d’la Zoca); Carello Giuseppe (al Pin dal Carà) ed altri ancora. Successivamente, in tempi più recenti, si sono aggiunti: Dessimone Angelo (l’Angelo dal Cicugno); Garrone Carlo (al Caluff); i Fratelli Dessimone (i fieoui dal Flaminio) i quali, già motorizzati, offrivano i più svariati prodotti per uso famiglia. 

Se tante erano le attività ambulanti, di gran lunga superiore erano quelle circoscritte nell’interno del paese: erano infatti ben sette i negozi di Commestibili: in via Roma c’erano al Camilo e la Tildin dal Ghidala; l’Aldo e la Fiurina dal Pauletta; la Maria dal Prato, mentre in via S. Stefano e Corso Garibaldi svolgevano la loro attività al Mario ad Miclin; al Pietro e la Teresina dal Balocio, al Gundin e la Maria d’la Zoca; la Butega da l’Ortoltre al Tabachin (il tabaccaio) e al Spissiare (il farmacista). Non sono mancati i negozi di casalinghi e articoli per la casa e tra questi vanno ricordati, in via San Sebastiano la Piera dal Boulela con il figlio Franco e la nuora Paola, e in Corso Garibaldi  la Dourina dal Toulè.

C’erano tre Forni per la cottura del pane: al Pinin ‘d Miclin; al Rinaldo dal Cacian e al Vasin dal Tabachin e quattro sono state le Macellerie presenti in paese: al Provino dal Pauletta, al Flipin ad Perancc, al Pietro dal Maslerin e successivamente al Giovanni d’la Bula. Non mancava inoltre in Salamè (un salumaio): al Carletto dal Pireou.

Erano pure presenti un negozio di scarpe, con la Teresa dal Custantin e un negozio di stoffe e tendaggi gestito dalla Rita dal Giapun e, infine, due negozi di chincaglierie gestiti dalla Irene e dall’Angiulinin.

La presenza sul territorio di ben quatto Barbieri, quattro Calzolai, due Maniscalchi e due Falegnami  hanno certamente contribuito a rendere meno grama la vita di paese, aiutando così a superare quelle che erano le maggiori difficoltà del momento dovute soprattutto agli spostamenti.

A conclusione di questo escursus sulla vita del Paese ecco i nomi dei quattro Barbieri: al Carlin dou Damin, al Gjuanin dal Busuro, al Medeo dal Ciaput e al Flaminio. I quattro Mastri ciabattini: al Paulin Sec, Al Felice dal Piage (Felix), al Giuseppe dal Cise e al Remo dal Cunt. Infine, i due Maniscalchi: al Pasqualin dal Mine e al Carlin dal Mascët  e i due Falegnami: al Cesco dal Pipilët  e al Tranquilin.

Non resta che rivolgere un invito e al contempo un augurio: che si possano superare tutte le difficoltà dell’oggi così come i granesi del passato sono stati capaci di superare quelle del loro tempo.