La Grammatica del dialetto granese
La Morfologia

La morfologia si compone di articolo, preposizione, sostantivo, aggettivo, pronome, verbo, coniugazione, avverbio, esclamazione.

L’articolo, come in italiano, può essere determinativo e indeterminativo ed entrambi possono essere maschili o femminili, singolari o plurali. Da segnalare che l’articolo determinativo va sempre usato davanti ai nomi propri (es. al Carlin; al Flipin) e davanti ai cognomi (es. al Ballian; al Garoun). Non si usa l’articolo davanti all’aggettivo possessivo singolare (es. me pàre, cioè mio padre), mentre si usa davanti a quello plurale (es. i nocc pàre, cioè i nostri padri).

Le preposizioni possono essere semplici o articolate quando sono seguite dall’articolo.

Il sostantivo può essere maschile o femminile e in alcuni casi il genere non coincide con quello della lingua italiana (es. al mantil (M) è la tovaglia (F); la fum (F) è il fumo (M). Generalmente i sostantivi maschili terminanti con consonante , al femminile aggiungono una A (es. al pastour, cioè il pastore, diventa la pastoura, cioè la pastora), ma ci sono altri casi in cui la trasformazione diventa irregolare, mentre alcuni di essi restano invariati.

Alcuni sostantivi, come peraltro in italiano, cambiano completamente dal maschile al femminile (es. pàre, cioè padre e màre, cioè madre). Ai nomi di animali, che non cambiano al cambiamento di genere, si aggiunge la parola màs-cc o fimala, cioè maschio o femmina (es. la fimala ‘dl elefànt, cioè la femmina di elefante; al màs-cc dla tigre, cioè il maschio di tigre).

Il nome delle piante può essere maschile o femminile e generalmente il nome del proprio frutto mantiene lo stesso genere (es. al pruss, cioè il pero, ha come frutto al pruss, cioè la pera; la ciresa, cioè il ciliegio, ha come frutto la ciresa, cioè la ciliegia).

Regole precise ce l’hanno il singolare e il plurale: i nomi singolari che terminano con consonante o vocale accentata restano invariati al plurale (es. al pruss, cioè la pera, resta al plurale i pruss, cioè le pere; al souldà, cioè il soldato, resta al plurale i souldà, cioè i soldati).

I nomi maschili che al singolare terminano in A,E,O e i nomi femminili che terminano in E, anche se non accentati, non variano al plurale (es. al bàrba, cioè lo zio, resta al plurale i bàrba; ‘l arbe, cioè la bigoncia, resta al plurale ‘j arbe, cioè le bigonce. I nomi femminili che al singolare terminano in A al plurale terminano in E (es. la sigàla, cioè il sigaro, al plurale diventa al sigàle, cioè i sigari).

Tutti i nomi che al singolare hanno nell’ultima sillaba le consonanti C o G, queste mantengono lo stesso suono anche al plurale (es. la màcja, cioè la macchia, diventa al màce, cioè le macchie).

Ci sono poi i nomi Accrescitivi, Dispregiativi, Diminutivi e Vezzeggiativi.

Gli accrescitivi aggiungono alla radice del nome OUN per il maschile e OUN-A per il femminile (es. amis, cioè amico, diventa amisoun, cioè amicone; sgnoura, cioè signora, diventa sgnoroun-a, cioè signorona). Alcuni nomi femminili quando accresciuti diventano maschili (es. la porta, cioè la porta, diventa al portoun, cioè il portone).

I nomi dispregiativi maschili aggiungono le desinenze AA e ASTR alle radici dei nomi, mentre i nomi femminili aggiungono ÀSSA e ÀSTRA (es. paisan, cioè paesano, diventa paisanàss); paisàn-a, cioè paesana, diventa paisanàssa; pàre, cioè padre, diventa paràstr, cioè patrigno; màre, cioè madre, diventa maràstra, cioè matrigna). Fa eccezione gent, cioè gente, che diventa gentàja, cioè gentaglia.

I nomi diminutivi prendono la desinenza IN e ËTT per i nomi maschili e la desinenza IN-A e ËTTA per quelli femminili (es. gàl, cioè gallo, diventa gàlëtt, cioè galletto; bràss, cioè braccio, diventa bràssin, cioè braccino; bàrca, cioè barca, diventa bàrchëtta, cioè barchetta; tasta, cioè testa, diventa tastin-a, cioè testina).

I nomi maschili che finiscono con la E accentata, che al femminile terminano con ERA, al diminutivo prendono la desinenza RIN e RIN-A (es. lavandè, cioè lavandaio, diventa lavanderin, cioè lavanderino; lavandera, cioè lavandaia, diventa lavanderin-a).

Alcuni nomi, infine, formano il diminutivo in modo del tutto particolare (es. boeu, cioè bue, diventa boucin, cioè vitello; masnà, cioè bambino, diventa masnajin-a, cioè bambinetto; strà, cioè strada, diventa strajëtta, cioè stradetta; ecc.).

I nomi vezzeggiativi assumono la desinenza IN o OT per i nomi maschili e la desinenza IN-A e OTA per quelli femminili (es. cit, cioè piccolo, diventa citin, cioè piccolino; cita, cioè piccola, diventa citin-a, cioè piccolina; mounfrin, cioè monferrino, diventa mounfrinot, cioè monferrinotto; mounfrin-a, cioè moferrina, diventa mounfrinota, cioè monferrinotta).

Da segnalare che le desinenze di diminutivi e vezzeggiativi possono coesistere e sono ETIN e INOT per i nomi maschili e ETIN-A e INOTA per quelli femminili (es. moro, cioè moro, diventa mouretin, cioè morettino; mora, cioè mora, diventa mouretin-a, cioè morettina; Pin, cioè Giuseppe, diventa Pinot, cioè Giuseppino; mantlin-a, cioè mantellina, diventa mantlinota, cioè mantellinotta).