Cenni storici su Grana - seconda parte

Grana vista da S. Rocco

segue da  Cenni storici su Grana - prima parte

Grana fu sin da subito inclusa nei possedimenti aleramici ed ebbe confermati i suoi privilegi e statuti il 13 giugno del 1379 dal Marchese del Monferrato Giovanni III Paleologo. In quell’occasione la comunità di Grana ottenne il privilegio dell’inalienabilità (né soppressioni né vendite) e l’esenzione dall’imposta daziaria.

La storia feudale di Grana risulta collegata in modo inscindibile a quella comunale e inizia con la sua cessione da parte di Guglielmo VII, detto il Gran Marchese del Monferrato e citato da Dante nella divina Commedia, al Marchese aleramico Lantelmo di Occimiano il 12 ottobre 1265.

Grana fu però confiscata e concessa il 9 gennaio del 1374 a Percivalle Bobba della storica famiglia di Lu che la cedette nel 1506 a Enrico e Filippo Gambéra, infeudati il 9 ottobre 1506.

Passò quindi ai Marchesi del Carretto, nella persona di un Francesco, il quale, per il non comune valore, venne promosso colonnello, poi generale di artiglieria e quindi Mastro di Campo. Per questi illustri meriti venne designato Cavaliere del Toson d’Oro, ordine cavalleresco istituito nei primi anni del 1430.

Alla scomparsa dei nobili del Carretto, il feudo di Grana venne assegnato, il 13 aprile 1781, ad Amedeo Messier, con il titolo di Conte.

Vale la pena di riportare quanto annotato in un raro documento vergato a mano, volto a descrivere i paesaggi granesi: “le verdi onde delle colline dai morbidi fianchi ammantati di vigneti e valli ubertose su cui palpita un velo di nebbia sotto l’arco di un cielo dove le malie della luce creano incantesimi che chiamano a raccolta gli amabili sogni”.

Lo stesso documento narra di un “grande personaggio” di nome Oddone, marchese di Savoia, il quale vendette le sue numerose e vaste terre ai signori Scelba, nobile famiglia dei Nauli. Racconta anche di gravi contese in cui fu coinvolto il paese, che si sono susseguite nei secoli e che ebbero tra i protagonisti il Marchese Teodoro, il Conte Francesco Sforza, Filippo Duca di Milano e il Principe Eugenio di Savoia.

“Appartenne (il paese di Grana N.d.A.) anche ai signori Robba del castello di Lou, poi ai Marchesi del Carretto di Savoia, nella persona di un Francesco, il quale, per il non comune valore, venne promosso colonnello, poi generale di artiglieria e quindi Mastro di Campo. Per si illustri meriti venne creato Cavaliere del Toson d’Oro (Ordine cavalleresco istituito nei primi anni del 1430). In un altro prezioso documento vengono citati “granesi che nel tempo si sono distinti per la cospicua beneficienza e per le doti di ingegno”.

Tra questi va annoverata “l’Opera pia Testa, dal nome del suo benefattore e di un altro insigne gentiluomo che per anni hanno elargito notevoli sussidi ai poveri del paese, ai giovani seminaristi e in modo particolare alle future spose bisognose di aiuto, ad ognuna delle quali veniva donata una somma di denaro per l’acquisto del corredo. Erano quelli tempi di povertà in annate duramente provate dalle frequenti grandinate e dalla siccità. Quanto erano provvidenziali le nostre opere pie! Le famiglie bisognose trovavano in esse un pane sicuro e l’assistenza in caso di malattie e i nostri bambini, grazie all’interessamento dello stesso nobiluomo Testa, ebbero un accogliente asilo, diretto da ottime maestre”. Da segnalare che di tale Opera pia ve n’è traccia nell’archivio della Soprintendenza Archivistica e Bibliografica del Piemonte e della valle d’Aosta (1816-1937).

Purtroppo, si apprende sempre dallo stesso scritto, a causa del mutare dei tempi e con il crescente costo della vita, i lasciti non poterono essere più consistenti come un tempo, tanto da non consentire più un aiuto sufficiente e durevole ai bisognosi del paese.

In quelle note manoscritte si fa infine cenno ai granesi distintisi per ingegno e tra questi figurano “il gesuita Padre Gaia, mente illustre nel campo della medicina e autore di studi molto apprezzati, il canonico Giuseppe Oldano, giornalista, conferenziere, scrittore e il pittore Anacleto Laretto, assai noto ad Asti e in tutta la provincia per la sua pittura di alta qualità”. È peraltro il pittore che ha ridipinto gli affreschi dei quattro Evangelisti nel presbiterio della chiesa parrocchiale Assunzione di Maria Vergine e che viene trattato nell’apposita sezione dedicata ai personaggi di Grana (vedi qui). Altra persona meritevole di citazione è il professore Luigi Balliano, vissuto sul finire del 1800 (vedi qui). Fu un illustre grecista presso il Liceo Classico di Vercelli, dove è murata a ricordo una lapide che illustra lo “straordinario suo impegno di profonda cultura delle lettere greche e latine”.