La RESISTENZA è descritta dall’enciclopedia Treccani come “Il movimento di lotta popolare, politica e militare che si determinò durante la Seconda guerra mondiale (1940-45) nelle zone occupate dagli eserciti tedesco e italiano contro gli invasori esterni e contro i loro alleati interni e che a seconda dei paesi ebbe caratteristiche, finalità e anche intensità diverse”.
Durante il secondo conflitto mondiale tutti i paesi europei che avevano subito l’occupazione tedesca, e per un certo periodo anche quella delle truppe italiane, videro l’azione di movimenti di opposizione, non solo agli occupanti, ma anche alle forze interne che in vario modo si erano poste al loro fianco.
Anche a Grana questo movimento fu molto attivo e nelle pagine di questa sezione ne è fornita ampia testimonianza. Tutte le notizie riportate sono tratte da documenti originali, manoscritti e dattiloscritti, senza il benché minimo commento da parte degli autori di questo sito, e vista la delicatezza dell’argomento trattato, nonché per motivi di riservatezza e privacy, non viene fatto alcun riferimento alle persone coinvolte. L'unica eccezione riguarda tre sacerdoti, due dei quali ci hanno lasciato le testimonianze scritte di quanto riportato in queste pagine. Questi sono l'ex Cappellano Militare Don Giovanni Iviglia, del 12° Reggimento Costiero, Viceparroco a Grana dal settembre 1943 al settembre 1944 e Parroco di San Candido di Murisengo dal 1° novembre 1944; e Don Felice Gatti, Viceparroco a San Candido di Murisengo prima e poi a Grana dal 1° novembre 1944, fino all'inizio di novembre del 1951.
Il terzo sacerdote è Don Guido Raiteri, parroco di Grana dal 1929 al 1954, ma vi è un quarto religioso che ci ha lasciato una preziosa testimonianza, non solo per l'importanza della sua figura, il vescovo di Casale Monferrato Monsignor Giuseppe Angrisani, i cui ricordi di quei terribili giorni sono riportati in un prezioso "libretto" dal titolo "La croce sul Monferrato durante la bufera", dell' Editrice Fondazione Sant'Evasio".
È necessario e utile cominciare dalla testimonianza di un ex Cappellano militare, ormai scomparso, che ha vissuto gli orrori della guerra del 1940-1945 e che precisa come la Resistenza non sia stato un movimento che interessò solo i giovani renitenti alla leva, comunque chiamati alle armi dalla Repubblica di Salò che ormai presentava chiari i segni del termine del Fascismo e della guerra. Al contrario, fu un movimento che coinvolse, per libera scelta, la maggior parte della popolazione.
In questa premessa non vengono riportate le sue dirette testimonianze di fatti avvenuti, ma solo le sue personali considerazioni e le conseguenti riflessioni. Infatti ritiene naturale che in quei lunghi e terribili mesi, dal settembre del ’43 al 25 aprile del ’45, i giovani sbandati dell’esercito italiano, ormai in sfacelo, si rifiutassero e si opponessero, anche con le armi, a proseguire una guerra divenuta disumana per i sacrifici che imponeva, le immani distruzioni che provocava, le numerose vittime che faceva nelle città bombardate e martoriate.
Le popolazioni monferrine non assistettero indifferenti a quanto stava avvenendo, ma condivisero appieno la situazione perché la violenza della guerra che volgeva al termine non risparmiava nessuno: gli alimenti erano tesserati; le medicine erano introvabili; i mezzi di trasporti non esistevano e l’occupazione tedesca, coadiuvata dalla “milizia repubblichina” che fucilava i renitenti alla leva, cercava disperatamente di mantenere in piedi il morente regime fascista.
Se oggi è giusto ricordare, con simpatia, cordoglio e rimpianto, le giovani vite umane sacrificate dalla resistenza armata un po’ ovunque, a Grana come in tanti paesi del Monferrato, è pure giusto e doveroso ricordare e non sottovalutare le nostre umili e laboriose popolazioni che allora affiancarono e condivisero l’ideale della Resistenza che era soprattutto quello di accelerare il più possibile la fine di tante sofferenze.
Ricorda il nostro Cappellano l’estate del ’44, quando insieme ad altre persone sul sagrato delle Chiesa Parrocchiale di Grana, assisteva, angosciato e impotente, ai bombardamenti che si susseguivano nella notte sulla città di Torino. Lo schianto delle incursioni aeree giungeva sinistro sino a lì, insieme al bagliore dei bengala che illuminavano a giorno il cielo della città. Era una situazione che coinvolgeva tutti, giovani e vecchi, uomini e donne, parenti ed amici. Era un mondo che stava crollando e desiderio unanime era che tutto avvenisse presto, afflitti dal fatalismo e dalla rassegnazione.
La comune sofferenza, durante quell’aspro e crudele biennio, fu la vera ed autentica eredità della Resistenza e della Liberazione. Il comune travaglio unì le menti e i cuori in un’unica aspirazione: abbattere per ricostruire un mondo più giusto, nella libertà e nella pace.
Gli abitanti delle città si erano riversati nei piccoli paesi come Grana che, sprovvisti di tutto, non poterono dare un’adeguata e decorosa sistemazione. Tutto era provvisorio, in attesa della sospirata fine… che non arrivava mai. Se nelle città numerose furono le vittime dei bombardamenti, nei paesi la vita non fu tranquilla e anche Grana, insieme ad altri paesi vicini, ebbe i suoi giovani martiri della Resistenza, per la Libertà. Da parte sua il giovane Cappellano ha sempre cercato di evitare inutili spargimenti di sangue, ma non sempre ciò fu possibile…
A distanza di tanto tempo, il Cappellano non può fare a meno di ricordare soprattutto quella stragrande maggioranza di popolo che in tutti i paesi del Monferrato, dall’8 settembre 1943 al 25 aprile 1945, patì privazioni e sacrifici e condivise le sofferenze anche di parenti, amici e conoscenti che nelle città, soprattutto a Torino, furono vittime innocenti di spaventosi bombardamenti e distruzioni. E tutto questo in nome di una guerra disumana e senza speranza, sostenuta unicamente da gente di potere che cercava di ritardare il più possibile il giorno del rendiconto finale.
Per quanto riguarda le piccole scaramucce provocate nei tanti paesi come Grana da gruppetti di partigiani male armati, il Cappellano ritiene che, pur avendo avuto il merito di tenere impegnate le truppe nemiche, talora, come avvenne a Grana e Villadeati (come si vedrà in seguito) aggravarono la situazione colpendo con qualche improvvisa azione militare l’esercito tedesco e lasciando le povere popolazioni indifese alla mercé delle ritorsioni nemiche.
Oggi si parla di valori della Resistenza e veramente ci furono. Le popolazioni del Monferrato, profondamente divise dal Fascismo che aveva voluto la guerra seppero riunirsi, dimenticare e sostenersi a vicenda, considerando come sommo bene la pace ed avviarsi, con alacrità e grandi sacrifici, al lavoro in piena libertà.
E furono proprio questi valori, intensamente coltivati negli animi e ben vivi in ogni famiglia, a portare l’Italia, la Patria, paese prettamente rurale, ad occupare un posto ambito tra le nazioni del mondo in campo industriale.
Non resta che chiudere questa testimonianza con la chiosa finale del nostro Cappellano, che da uomo di chiesa rivolge a tutti noi un augurio: “Dio ci aiuti ancora e ci benedica”.