GRANA è un comune della provincia di Asti situato nel Basso Monferrato Astigiano a 289 metri di altitudine sul livello del mare e si estende su una superficie di 5,89 Km². Posto a circa 20 chilometri dal capoluogo Asti, a una ventina da Moncalvo e poco meno di 30 da Casale Monferrato, nella sua periferia Ovest è attraversato dal 45° parallelo ed è posto in posizione panoramica su rilievo collinare. Si trova circa a metà strada tra Calliano e Montemagno e gode di splendida vista a 360 gradi sull’arco alpino, a cominciare dal Monviso, dal massiccio del Monte Rosa e dal Cervino, ma anche sulle Alpi Marittime e Liguri, ultimo baluardo verso la Liguria. Splendido anche il panorama sulle vicine Castagnole Monferrato, Vignale, Casorzo e Grazzano, fino a Moncalvo e al santuario di Crea, per arrivare alla Basilica di Superga e alla Sacra di San Michele nel Torinese.
La popolazione residente (dati 2022) conta circa 515 abitanti ed è quasi esclusivamente presente nel concentrico, ad
eccezione di poche unità presenti in un piccolo gruppo di case in Regione
Valle, ubicate nella vallata del torrente Grana, sulla strada che conduce a
Casorzo.
L’economia è alquanto diversificata e la si può
ripartire tra l’attività agricola, l’artigianato, il commercio e la ricezione
turistica, sia a livello di pernottamenti che di ristorazione. Di rilievo la
produzione vinicola che può contare su alcuni rinomati produttori.
Alcune precisazioni sono d’obbligo al riguardo di questo storico territorio, da alcuni anni Patrimonio Unesco: ne fanno parte il Monferrato Casalese, il Basso e Alto Monferrato Astigiano, l’Alto Monferrato di Acqui, Ovada e Gavi. Da chiarire che le denominazioni Alto e Basso sono in contrasto con le regole geografiche, infatti l’Alto Monferrato si trova a Sud del Basso Monferrato, ma derivano da una scelta dei cartografi Sabaudi che hanno preferito ridefinire i territori in base alla loro altimetria e non, come in passato, in merito alla loro posizione geografica.
Non si intende in questa sezione riportare la storia del paese nella maniera più tradizionale, spesso nozionistica, ostica e di difficile lettura, dove a predominare sono le date e la catalogazione degli avvenimenti, senza alcun collegamento con le realtà e il vissuto dell’epoca. Si vuole invece affrontare l’argomento in maniera più “leggera”, cercando di mettere in risalto gli aspetti curiosi, il più delle volte nascosti e proprio per questo ancor più interessanti perché basati sugli usi e sulle consuetudini di una popolazione. L’attenzione è pertanto incentrata su tutto ciò che riconduce ad una sola parola, non a caso quella che rappresenta le fondamenta di questo sito web: la tradizione.
Anche se alcune delle informazioni che seguono sono pur tuttavia tratte da testi storici, seppure filtrate del nozionismo spicciolo, la maggior parte delle notizie sono basate su scritti autentici di persone del passato vissute in paese. Persone che con i loro appunti, a volte dattiloscritti ma il più delle volte vergati di proprio pugno, hanno lasciato una testimonianza di grandissimo interesse.
L’origine dell’insediamento abitativo è antichissima e il toponimo GRANA viene fatto risalire da alcuni studiosi al latino “grana”, granello di biada, mentre altri preferiscono ricondurla al termine pre-latino “krana”, ossia fessura, crepaccio, valle profonda e incassata. Quest’ultima interpretazione, infatti, spiegherebbe l’idronimo Grana, il torrente che scorre nell’omonima valle e che dopo aver attraversato numerosi paesi dell’alessandrino e ricevuto diversi affluenti sfocia nel Po, non distante dal confine con la Lombardia.
Ma come ha avuto modo di spiegare Giuseppe Aldo di Ricaldone, uno dei più esperti conoscitori della storia del Monferrato, spesso le interpretazioni di toponimo e idronimo sono duplici e visto che la nostra regione faceva parte della Gallia Cisalpina che, a sua volta, con la Gallia Transalpina formava un insieme unico, i toponimi latini risultano uguali sia al di qua che al di là della Alpi. Non a caso nel Département de la Drône (Gallia Transalpina) si trova il toponimo “Grane”, simile alla nostra forma latina “Grana”, come è il caso di Grana nel Monferrato.
Al di là di ogni plausibile derivazione, il torrente Grana viene formato dalla confluenza di diversi corsi d’acqua provenienti da Moncalvo e Grazzano proprio nei pressi di Grana, e qui prende il suo nome e determina anche la toponomastica della omonima valle. In passato il torrente metteva in azione un mulino con ruota metallica e il suo corso era molto più ampio e navigabile fino alla sua foce nel fiume Po.
Lo sviluppo del centro abitato in epoca romana risulta ben documentato, sulla strada che da Montemagno porta a Calliano e si congiunge all’arteria Asti-Ricomago (Trino Vecchio). Altrettanto ben documentata, già all’inizio del X secolo, l’esistenza del Villaggio di Periano, dove sorgeva la Pieve di Santa Maria in Grana e proprio la presenza della Pieve sta a sottolineare l’importanza della località e del suo castello, oggi non più esistente.
Il territorio risulta inoltre popolato da altri centri di origine latina, Axiliano e Stroppiana, derivanti dai gentilizi Asellius e Stirpius, e da Montemalbanum, dal romano Albus.
I toponimi nel territorio di Grana sono quindi Periano, Asigliano, Stroppiana e Monte Albano, ma nel trapasso dall’età latina a quella medioevale le popolazioni abbandonano tali centri per insediarsi sul più difendibile e sicuro colle dove sorgerà la “villa” di Grana, così chiamata ancora nel XVI secolo. Fu con il passaggio dall’età altomedioevale agli inizi del Millennio che si vedrà la nascita di due nuovi insediamenti: il “Burgum Novum” e il “Casale”.La Pieve di Grana risulta già nel 911 confermata dall’Imperatore Enrico III alla Chiesa di Asti, il cui vasto territorio confinava a Nord con le Chiese di Rosignano e Medigliano. Grana resta sotto la giurisdizione del Vescovo di Asti fino al 1474, allorché passa sotto la Diocesi Casale.
Come si è già visto il concentrico si chiamava “Villa”, alla quale si accedeva per la “Porta del Monte”. Nel concentrico erano presenti orti e giardini e altre case erano presenti “super spaldum”, sugli spalti presso la “Torretta”, essendo il concentrico recinto di mura con relativi spalti. E a Grana non poteva mancare, presso la via romana, poi via medioevale, un ospedale per la sosta dei pellegrini, trattandosi della “via marenca” che passando per Montemagno giungeva fino a Quarto d’Asti per congiungersi alla “via Fulvia”.
Poco prima dell’anno 1000, epoca in cui Grana godeva di ottima considerazione, l’imperatore Ottone I di Sassonia (incoronato a Roma e sempre molto presente nella nostra penisola) concesse all’allora parroco di Grana il titolo di Arciprete in virtù dell’ottima accoglienza riservata suoi dignitari diretti a Roma. Da rimarcare come all’epoca al titolo di Arciprete era stato riservato il diritto di pretendere dai paesi limitrofi dei tributi in denaro, oltre a particolare ossequio.
Assodato che di Grana ve ne fosse traccia ben prima dell’epoca di Ottone I, è con la stirpe di Aleramo, il giovane che secondo la leggenda, proprio su invito di Ottone I, delimitò il territorio del Monferrato con la sua cavalcata a delimitarne i confini, acquistò fama.
Il giovane Aleramo, figlio di Guglielmo I, fu nominato Marchese del Monferrato da Berengario II, re d’Italia, e fu fondatore della stirpe degli Aleramici, i cui discendenti applicarono la legge “salica”, secondo cui la terra non rientra nei beni ereditari delle figlie femmine, ma solo dei maschi, che portavano tutti il titolo di Marchese.
Ma Grana, seppur dipendente dal potere della famiglia di Aleramo, godeva di piena autonomia e la sua popolazione viveva prospera con le sue attività e i suoi commerci, godendo di ampi apprezzamenti. Non a caso, nel 1280 ad assumere la reggenza dell’abbazia di Grazzano, voluta da Aleramo quale dimora delle sue spoglie, fu chiamato un abate di origini granesi: Padre Benedetto. A fondo pagina sono presenti le foto della tomba di Aleramo ospitata nella Chiesa parrocchiale di Grazzano Badoglio dedicata ai SS. Vittore e Corona, il chiostro di ciò che resta dell'omonima abbazia e l'elenco degli abati della medesima in cui figura il monaco Benedetto.
Era sicuramente presente a Grana un nucleo signorile, infatti in quegli anni verso la fine del 1200, quando il Comune di Asti era in corsa per l’occupazione dei castelli presenti oltre il torrente Versa che segnava il confine del Marchesato aleramico e il citato torrente, in seguito alla atroce morte del Marchese Guglielmo VII del Monferrato, i Signori di Castagnole sono costretti a cedere ad Asti il loro feudo. Successivamente “dominus” Raynero Bozia di Grana, agendo a nome del nipote Obertino, cede anche a lui ad Asti quanto posseduto a Castagnole ricevendo in cambio la reinvestitura di quanto posseduto in Grana, già riconosciutogli in passato dal Marchese Guglielmo VII del Monferrato.