L’aggettivo può essere Qualificativo, Possessivo, Dimostrativo, Indefinito, Numerale; può inoltre essere Variabile e Invariabile.
Gli aggettivi variabili prendono il genere e il numero del nome a cui si riferiscono e che qualificano o determinano e fanno il femminile e il plurale con le stesse regole dei sostantivi (es. al bràv om, cioè il bravo uomo, diventa i bràv om; la bràva dona, cioè la brava donna, diventa al bràve done; al nost cavà, cioè il nostro cavallo, diventa i nocc cavà, cioè i nostri cavalli; la nostra cavàla, cioè la nostra cavalla, diventa al nostre cavàle, cioè le nostre cavalle).
Gli aggetti invariabili, viceversa, non cambiano dal maschile al femminile e neppure dal singolare al plurale (es. al gjoeugh fàcil, cioè il gioco facile, diventa i gjoeugh facil; l’oucasjoun facil, cioè l’occasione facile, diventa alj oucasioun facil, cioè le occasioni facili).
L’aggettivo qualificativo è quello che ne indica le qualità (es. l’erba l’è vërda, cioè l’erba è verde). A questo punto i sostantivi qualificati con l’idoneo aggettivo possono essere comparati con altri, generando così i comparativi di maggioranza, di minoranza e di uguaglianza.
Il comparativo di maggioranza si esprime con pù…che…; pù…ad… Se AD è seguito dall’articolo determinativo diventa DAL, DLA, DL (es. pù grànd che chil, cioè più grande di lui; pù bala dla fija, cioè più bella della figlia).
Il comparativo di minoranza si esprime con meno…che…; meno…ad… Se AD è seguito dall’articolo determinativo diventa DAL, DLA, DL (es. meno bala che chila, cioè meno bella di lei; meno bala dla so fija, cioè meno bella di sua figlia). Altra forma è data da nen tànt…cme… cioè non tanto… come… (es. al è nen tànt bràv cme so chisin, cioè non è tanto bravo quanto suo cugino).
Il comparativo di uguaglianza si esprime con …cme… (es. bal cme bràv, cioè bello come bravo). Quando il secondo comparativo è sostantivo si esprime con tànt…cme… (es. tànt bràv cme so fradà, cioè tanto bravo come suo fratello). Mentre quando il comparativo si riferisce ad un aggettivo si può esprimere in due modi: tànt…cme…; tànt…che… (es. al è tànt bràv che bal, cioè è tanto bravo come bello; al è tànt bràv cme bal; cioè è tanto bravo come bello).
L’aggettivo superlativo può essere Assoluto o Relativo. Quello assoluto per le parole derivanti dall’italiano viene espresso con ISSIM per il maschile e ISSIMA per il femminile (es. bràv, bràvissim; bràva, bràvissima). Da segnalare che anni fa si usava (ora è in disuso) davanti all’aggettivo MOUTOUBEN e BEN (es. at ej moutouben bràv, cioè sei bravissimo; al è ben bal, cioè è bellissimo). A volte si fa il superlativo assoluto aggiungendo dopo l’aggettivo CME TUT (es. al è fort cme tut, cioè è fortissimo) e si usa questa forma insieme a BEN prima dell’aggettivo per quegli aggettivi non derivanti direttamente dall’italiano (es. at ej ben cit, cioè sei piccolissimo; aj en gràm cme tut, cioè sono cattivissimi). Si può anche ripetere l’aggettivo (es. al è bràv bràv, cioè è bravissimo) o aggiungere TÀNT e PROPE (es. al è tànt bràv, cioè è bravissimo; al è prope gràm, cioè è cattivissimo).
Il superlativo relativo si esprime con: al pì…ad…; al pì…da…; al meno…ad…; al meno…da… (es. al è al pì bràv ad tucc, cioè è il più bravo di tutti.
Ci sono quattro aggettivi comparativi che seguono regole ben precise e sono Maggiore, Minore, Superiore e Inferiore.
Maggiore si traduce in: pì grànd, pì gross, pì àut, cioè più grande, più grosso e più alto, se ha valore dimensionale; pì vagg, cioè più vecchio nel senso di età; majour solo per indicare il grado militare. Si traduce solo in: pì quando è seguito da sostantivi come Esperjensa, Pàrt, ecc. (es. al uàgna chi ch’l à pì esperjensa, cioè vince chi ha più esperienza).
Minore si traduce in: pì cit, pì bàss, pì curt, cioè più piccolo, più basso, più corto, se ha valore dimensionale; pì gjouvo, cioè più giovane nel senso di età.
Superiore si traduce in: souperjour se riferito a cariche religiose, d’ufficio; ‘d ansuma, pì aut, cioè di sopra, più alto, in senso dimensionale. Si traduce anche in: pì ‘ngàmba, cioè più bravo, più in gamba, in senso sportivo, professionale.
Inferiore si traduce in: inferiour, in senso generico; pì bàss, da souta, cioè più basso, di sotto, in senso dimensionale. Infine si traduce in: meno ‘ngàmba, cioè meno bravo, meno in gamba, in senso professionale e sportivo.
Gli aggettivi possessivi sono: me (mio), to (tuo), so (suo), vost (vostro), nost (nostro), so (loro) e, a parte vost e nost, sono invariabili sia al femminile che al plurale, mentre nost e vost (a volte anche nostr e vostr) al femminile singolare diventano: nostra e vostra. Al plurale maschile diventano: nocc e vocc e al plurale femminile sono: nostre e vostre.
Questi aggettivi vanno sempre messi davanti al sostantivo e sono sempre preceduti dall’articolo (es. al so can, cioè il suo cane; al vostre vous, cioè le vostre voci). L’articolo si omette quando l’aggettivo possessivo è messo davanti ai sostantivi singolari che indicano tutti i parenti di famiglia, mentre va indicato quando si è in presenza del plurale (es. me pàre, cioè mio padre; i nocc pàre, cioè i nostri padri).
Gli aggettivi dimostrativi sono:
1) ist, ista, icc, iste questo, a, i, e
2) iss, issa, icc, iss, issj codesto, a, i, e
3) coul, coula, couj, coule quello, a, i, e
1) Sovente sono supportati dall’avverbio: què (questo, questa). Es: ist libre què, cioè questo libro; ist cà què, cioè queste case.
2) Aggiungono dopo il sostantivo a cui si riferiscono l’avverbio: lè. Es. iss libre lè, cioè codesto libro; issj uve lè, cioè codeste uve. Molte volte questi aggettivi vengono e pronunciati eliminando la sia la I che la prima S (es. ‘st libre què; ‘sj uve lè).
3) Spesso viene rafforzato dall’avverbio: là (es. coul cavà là, cioè quel cavallo; coulj oche là, cioè quelle oche).
Gli aggettivi indefiniti indicano una quantità non ben determinata e sono:
1) Chijc, chijca qualche, alcuni (es. chijc amis, cioè qualche amico)
2) Àt, àtra, àcc, àtre altro,a,i,e (es. in àt afè, cioè un altro affare)
3) Tànt, tànta, tàncc, tànte tanto,a,e,i (es. tànt vin, cioè tanto vino)
4) Atartànt, atartànta, atartàncc, atartànte altrettanto,a,e,i (es. atartànt pan, cioè altrettanto pane
5) Tàl, tàla, tàle tal,e,i (es. al tàl om, cioè il tal uomo) è poco usato come aggettivo e più usato come avverbio
6) Cert, certa, cert, certe, certe certo,a,i,e (es. aj an certe fàce, cioè hanno certe facce) è poco usato anche questo aggettivo, invece di: CERTE si usa maggiormente DAL (es. aj an dal fàce)
7) Trop, tropa, trojp, trope troppo,a,i,e (es. tropa gent la pàrla, cioè troppa gente parla)
8) Poch, poca, pojch, poche poco,a,i,e (es. coun pojch adnè spoeu nen cantè, cioè con pochi soldi non si può cantare)
9) Nun, nun-e nessuno,a (es. nun omne, cioè nessun uomo)
10) Qualounque qualunque (è invariabile)
11) Qualsijasi qualsiasi (è invariabile)
12) Ogni ogni (è invariabile)
13) Stëss, stëssa, stëss, stësse stesso,a,i,e (es. me a digh la stëssa roba, cioè io dico la stessa cosa)
14) Medesim, medesima, medesim, medesime medesimo,a,i,e (es. al è semp la medesima cansoun, cioè è sempre la medesima canzone)
15) Divars, divarsa, divars, divarse diverso,a,i,e (es. diverse strà aj porto a Rouma, cioè diverse strade portano a Roma) N.B. come in italiano l’aggettivo al plurale ha due significati: alquanti; non uguali
Le preposizioni si utilizzano anteposte al sostantivo, all’aggettivo, al pronome e all’avverbio. Le più usate sono: ad (di), a (a), da (da, an (in), coun (con), ans (su), par (per), tra (tra), fra (fra), souta (sotto), an suma (sopra), aden (dentro), da foeura (fuori), advan (davanti), da dre (di dietro), andrè (indietro), ad fjànch (di fianco), travars (attraverso), oultra (oltre), ecc.
Da segnalare che la preposizione italiana PER in granese può diventare PAR, CHE, PARCÀ (es. me a lou fass par te, cioè io lo faccio per te; douvij sgagjevla, ch’a parde nen al treno, cioè bisogna che vi sbrighiate, per non perdere il treno; pjoumma souquè, parcà nouj fàsso nen bruta figura, cioè prendiamo questo, per non fare brutta figura).
Le congiunzioni si utilizzano per congiungere parole o coniugazioni tra di loro. Le principali sono: e, o, ma, se, che, cme (come), adcò (anche), an efat (in effetti), sicà (sicché), fin che (finché), ànse (anzi), parcà (perché), anloura (allora), pura (pure), ancoura (ancora), però (però), pen-a (appena), ecc.
Ci sono alcune congiunzioni composte: dal vote (qualche volta), pen-a che (appena che), contut che (quantunque), antramente (mentre), ch’al sija cme ch’al sija (comunque), ecc.
L’avverbio è il termine che accompagna il verbo, l’aggettivo o altri avverbi e a volte ne condiziona il comportamento.
Si può avere l’avverbio di modo o maniera (ben (bene), pes (peggio), anvars (di rovescio), pjan (piano) aulantè (volentieri), ecc; di quantità (tànt (tanto), moutoben (molto), assà (assai), scàrs (scarso), uàre (molto), uàre? (quanto?), in tantin (un pochino), ecc; di tempo (adàse (adagio), daquenpoch (tra poco), aprass (dopo), ansoulidman (allindomani), pàssadman (dopodomani), acmensa (incomincia), ecc; di luogo (avzin, davzin (vicino), dadsoure (sopra), balequè (qui), balelè (lì), dabànda (di fianco), an-uànda (dove), ecc; d’origine (prope (proprio), daboun (davvero), gjusta (appunto, màj pù (mai più), ecc.
Da ricordare che gli avverbi: mentre, antànt, ancamin e quand sono sempre seguiti da CHE, un pronome spesso abusato in granese. Inoltre, se in italiano la frase è al futuro, in granese con il CHE viene riportata al presente (es. mentre sarò via tu farai questo DIVENTA antànt ch’a soun vija, ‘t faràj souquè. Al posto di ANTÀNT si può usare indifferentemente MENTRE e ANCAMIN.
Termina qui questa sintesi, che non vuole essere altro che una introduzione all’intera grammatica creata da Nino Oddone, una grande opera che merita di essere salvaguardata e promossa quale patrimonio dell’intera comunità di Grana.
Si ricorda quando detto in apertura di questa sezione: chiunque fosse interessato a prendere visione della grammatica in versione integrale può farne richiesta scrivendo a: info@granaarteetradizione.it